Don Andrea Ciucci, della Pontificia Accademia della Vita, segretario generale della fondazione vaticana RenAIssance per l’etica dell’intelligenza artificiale.

 

Perchè la Pontificia Accademia della Vita si occupa di intelligenza artificiale?

Perchè ci preoccupiamo delle persone e delle loro vite, l’Accademia è un ente vaticano che raduna gli scienziati di tutto il mondo che intuiscono che la loro ricerca scientifica è al servizio della vita delle persone. Oggi le tecnologie sono sempre più pervasive, cambiano, positivamente
e negativamente, le nostre vite. Ecco perché ce ne occupiamo: per difendere
le persone e il pianeta.

L’intelligenza artificiale dunque cosa rappresenta per l’essere umano?

Direi anzitutto uno strumento potente nelle nostre mani, potente e trasversale. Come lo è stata in passato l’energia elettrica che di fatto ha mutato e cambiato in molti aspetti la nostra vita essendo una tecnologia trasversale, così sono i sistemi di IA; ecco perché sono una questione particolarmente importante. Inoltre, ed è il motivo di dibattito attualmente, questi sistemi
ci stanno aiutando a fare delle cose che fino a oggi abbiamo pensato essere
proprie dell’essere umano: Sono più o meno umane? Cosa cambierà tra un prodotto dell’IA e quello umano?
Trovo questo tema interessante ma non decisivo, il punto non è
capire quando
arriveranno a sostituirci.

Qual è il punto?

 Il punto è come vogliamo usarle e come decidiamo di vivere con responsabilità gli scenari che l’IA sta inaugurando. Il punto è anche riflettere su come le progettiamo e le costruiamo.
Le tecnologie non sono mai neutre: bisogna operare con coscienza e una sapienza certamente nuova.

Cosa significa che le tecnologie non sono mai neutre?

Sistemi complessi come l’IA portano iscritti mondi e culture, dato non banale per prodotti
che vengono utilizzati in un mondo globalizzato. Tecnologie raffinate come queste
hanno poi
altissimi costi economici, sociali e ambientali, di cui essere avvertiti, sui cui riflettere
e decidere. Se la domanda etica arriva a tecnologia implementata arriva troppo tardi.

Noi come HR Manager all’interno delle aziende gestiamo le persone, e l’IA nelle imprese rappresenta una opportunità di crescita ma anche un rischio, come accompagnare questo cambiamento culturale?

La cultura, l’etica e i valori fanno sempre capo alle persone nella loro esperienza sociale nei vari livelli, dunque ancora una volta sono le persone il centro. Proprio per questo possiamo collocare
un sano utilizzo e una corretta progettazione dell’IA in questo
senso. Ad esempio, se ad oggi affidassimo i colloqui per le assunzioni solo all’IA, perderemmo tutta la componente umana dell’esperienza in sé, l’incontro, il dibattito. L’IA è uno strumento che abbiamo il compito
di saper gestire e regolamentare a norma di
legge e che deve limitarsi a svolgere i compiti
che la concernono. Gli incontri tra persone vanno custoditi e preservati.

Perchè con l’IA dobbiamo occuparci anche di Etica e valori?

Non solo con l’IA. Dobbiamo farlo anzitutto con le persone! La questione vera è
‘Cosa
chiediamo ad una persona che si affaccia alla nostra realtà sociale, economica
e
industriale?’ Quale profilo etico mostra un’azienda a un suo possibile collaboratore esibendo atteggiamenti, modi e progetti? Giustamente si chiede un commitment al candidato,
prima
però c’è la responsabilità di chi ricopre un ruolo dirigenziale nelle realtà economiche:
cosa si
sta proponendo? Su cosa si concorda una collaborazione lavorativa? Le aziende hanno
una responsabilità sociale in quanto l’economia influisce nel disegnare la realtà sociale
e a comporre il mondo. E questo, se mi permette, è qualcosa di più di una
responsabilità relativa all’impronta ecologica che una realtà industriale cerca di mitigare. La vera questione è
‘Quali sono i valori che costruiscono e fanno da puntelli della realtà
economica che rappresentiamo?’ Dentro questo quadro ha senso di parlare anche di un’etica dell’IA.
Abitiamo questo mondo tecnologicamente, nel rispetto delle leggi e delle
persone, rispondendo
a delle responsabilità grandi. Forse guardare al solo profitto
non ci porterà lontano.

I giovani vedono nell’IA un’opportunità per andare più veloci, ma quali sono i rischi?

Credo che la questione sia questa, l’IA è uno strumento per andare più veloci, MA DOVE?
E a questa prima domanda ne aggiungo una seconda: A QUALE PREZZO? Che costo umano
c’è da pagare? E quelli che non riescono ad andare veloci per ragioni e
condizioni sociali, economiche, personali, cosa si fa? Li si lascia indietro? Il mio problema non è insegnare come stare nell’ambiente digitale, cosa che già da sé i giovani sanno fare in modo naturale
ma aiutarli a rispondere a queste domande: adesso cosa
fai con queste tecnologie,
cosa sei disposto a perdere per custodire qualcosa di
importante? Di recente ho assistito alla laurea di mio nipote in ingegneria, e alla cerimonia il presidente ha parlato giustamente delle questioni legate alla professione invitando i laureandi a riflettere sulle responsabilità che ne derivano. Di tutto ciò però non è stato dedicato tempo durante il percorso di studi,
né una conferenza né un momento di confronto tra professore e alunni per parlare delle questioni etiche connesse al digitale. Dunque quel discorso era pura retorica? Se educhiamo i ragazzi
ad una competenza tecnologica potente senza offrire mai un
momento di riflessione sul perché
e sul come si devono assumere le responsabilità
del proprio mestiere, non credo aiuteremo i nostri giovani ad assumersi la responsabilità sul futuro, che certamente passa anche attraverso le nuove tecnologie. Se non si hanno i mezzi per gestire questi potenti strumenti e per accompagnare
chi non ce
la fa, il futuro che ci aspetta potrebbe non essere così roseo.


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Presidente di Job Farm e Direttrice di Job Farm News, si occupa da oltre 15 anni di formazione, lavoro, risorse umane e innovazione. Dirige SportelloStage partner di Recruit srl, agenzia di intermediazione, e Ems società di consulenza HR.