Nino Lo Bianco, presidente Bip e pioniere della consulenza in Italia. 
Ci vuole raccontare Nino Lo Bianco da giovane con le sue ambizioni, gli studi
e i suoi i sogni?

 

 Sono nato nel 1938 a Torino ma mi sento palermitano, ho frequentato l’asilo tedesco, a fine terza media mi sono trasferito, poi sono sfollato e ho nitidi ricordi della guerra partigiana, l’ho passata in Val Pellice spesso visitata dai tedeschi e partigiani che scendevano e salivano per le colline. Ho frequentato le elementari e le medie a Torino, porto nel cuore in particolar modo una maestra, aveva solo noi. 

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Ho vissuto il boom economico del ‘48, prima di diventare un paese industriale l’Italia era
“il paese agricolo”.
A 14 anni mi trasferisco a Palermo e frequento la scuola dei gesuiti, era una classe di nobili
e borghesi i cui padri frequentavano i circoli. Venivo invitato spesso dai compagni a casa loro, probabilmente perché passavo loro i compiti, anche se speravo fosse per simpatia. Avevo accesso ad una realtà ormai lontana che ricorda il Gattopardo, i miei compagni, l’ultima generazione che ha vissuto in maniera parassitaria. Finito il liceo con ottimi voti mi sono iscritto alla facoltà di legge, percorso anch’esso concluso a pieni voti, i cui gli ultimi anni li ho dedicati anche al lavoro.

In università avevo incontrato l’Avvocato Basile, un grande civilista dell’epoca, amico di famiglia, ho bussato alla sua porta per lavorare. Mi chiamò e dopo 6 mesi ha iniziato a pagarmi. Ho vissuto i 4 anni di università con un collega a cui sono ancora molto legato. Studiavamo la sera insieme tutti i giorni e ci laureammo con 8 giorni di distanza.

Successivamente ho scelto di lavorare e studiare, volevo approfondire la lingua inglese. Ho frequentato la ISIDA Business School poiché di diritto d’azienda non sapevo quasi nulla, e avevo bisogno di formazione che ho trovato, studiando con la pratica analizzando i casi e ciò ha fatto la differenza. Lì ho capito che non avrei fatto l’avvocato. Al momento avevo 4 lettere d’assunzione e scelsi di lavorare per l’istituto come assistente, fino a ricoprire il ruolo di vicedirettore, questo è stato l’inizio, arrivato al ‘68 lavoravo molto fuori e la Sicilia era mal collegata, e spesso mi sono ritrovato a viaggiare di notte in nave. Arrivato a 270 giorni fuori casa ho deciso insieme alla mia famiglia di trasferirmi a Milano con mia moglie che ha sacrificato il suo lavoro (direttrice di 40 scuole in Sicilia) ma ripagato poiché a Milano è diventata imprenditrice. Ho scelto di lavorare per il gruppo GEA per due anni, per poi fondare la mia società, Telos con l’intento di lavorare con le grandi aziende e cambiare le grandi strutture del paese. Siamo cresciuti rapidamente arrivando a 240 dipendenti. Eravamo io e altri colleghi, fondammo Telos Turchia e Telos Spagna, successivamente Telos Turchia ebbe un crollo, poiché ci fu un calo della lira turca, capii che non ce l’avrei fatta da solo e così insieme a degli americani ho comprato Deloitte Consulting Italy, e dopo qualche anno sono diventato capo dell’Italia e poi capo aziendale europeo. 
Con la nascita di Senior Global Partner ho visto l’ipocrisia degli americani, discostandomi.

Nel suo racconto emergono doti importanti legate all’orientamento all’obiettivo e al risultato, ma quali sono state le chiavi del successo e di una visione imprenditoriale? 

Ci sono state circostanze casuali, ad esempio se non mi fossi mai trasferito a Palermo avrei fatto probabilmente l’ingegnere a Torino, così come molte altre scelte.

C’è un detto americano in cui io credo “la fortuna non esiste, la fortuna è un incrocio tra l’opportunità e la competenza”, una senza l’altra non fanno crescere né danno vita a percorsi professionali. Se sei in un posto dove passano molti autobus prima o poi uno si ferma e ti prende. Credo che la molla principale per un minimo di crescita sia la curiosità, Leonardo diceva che la curiosità è alla base di ogni ricerca, se sei passivo rimani dove sei e esprimere se stessi è la chiave.

I giovani di oggi hanno accesso illimitato all’informazione, come aiutarli a fare le giuste scelte?

Secondo me un errore diffuso tra i genitori è quello di spingere i figli a pensare a breve termine, bisogna essere lungimiranti e per fare ciò bisogna chiedersi cosa si vuole nella vita. 

Quando sei giovane devi pensare non al lavoro che vuoi ma a ciò che vuoi essere nella vita.

Grazie a Nino Lo Bianco per i suoi consigli e per il suo esempio di imprenditore pragmatico, determinato e lungimirante.


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Presidente di Job Farm e Direttrice di Job Farm News, si occupa da oltre 15 anni di formazione, lavoro, risorse umane e innovazione. Dirige SportelloStage partner di Recruit srl, agenzia di intermediazione, e Ems società di consulenza HR.