Negli ultimi mesi si sta cercando in tutti i modi di far funzionare la piattaforma ClubHouse e quello che si chiedono tutti è: “Sarà davvero un successo?”

Domanda più che lecita, ma per saper rispondere bisogna pazientare ancora un po’.

Articoli su ClubHouse – CH per gli amici – sono all’ordine del giorno: come funziona, il tema della  privacy, perché iPhone e non Android, chi è il personaggio mostrato sull’icona dell’applicazione etc… È talmente sulla bocca di tutti, che molti si sono già stancati di parlarne. Si sa, è l’effetto della novità: si finisce per citare, nominare e giudicare e magari non si è nemmeno potuto scaricare il social e partecipare a qualche room.

Ecco allora 5 lezioni apprese dal primo mese su questo social audio:  

  1. La familiarità con il tempo: l’attesa.

    É diventato difficile sostare nell’incertezza. Si pretende tutto e subito. Ci si annoia se qualcosa non colpisce nell’immediato. Bisogna ricevere l’invito per accedere alla piattaforma e spesso si apprezza l’attesa per entrare su CH: questa selettività per preservare il senso di comunità e di solidarietà incrementa la curiosità del pubblico, che si sente parte di un’elite, con la sensazione di essere tra i “pochi”  privilegiati a poter accedere ed usufruire dei contenuti.

  2. ClubHouse e il Branded Content.

    Secondo quali modalità i brand sfrutteranno il nuovo social  audio? Sembra proprio che un colosso come Burger King non abbia perso tempo, dando vita  ad una stanza per dialogare con i propri consumatori. Confrontarsi direttamente con loro attraverso la voce, come ha affermato lo stesso CEO John Chidsey, rende più confidenti e soprattutto fa sentire i consumatori un po’ meno anonimi. Quella room ha generato una vera e propria fusione con l’identità del brand. L’obiettivo del marketing è portare i consumatori  all’acquisto, facendoli identificare con i valori che il brand stesso veicola. Sarà più sufficiente? Come evolverà il concetto di brand ambassador?

  3. ClubHouse: essere, non apparire.

    Non è il primo social audio e nemmeno sarà l’ultimo. Dal momento che al centro è la voce, non resta che essere semplicemente sé stessi. Di seguito l’iter di networking: tutto inizia dai propri interessi; segue poi la partecipazioni alle room che vengono proposte dall’algoritmo di CH e, infine, arriva la scelta: si decide se lasciare il follow a quel moderatore, a quello speaker o meno. Non si seguono persone per le foto che pubblicano o per una caption che scrivono, ma per quello che sono.

  4. ClubHouse è il Carpe Diem 4.0.

    Orazio Docet: cogliere l’attimo, soprattutto nel 2021, ha  ancora un notevole spessore. Il valore della diretta torna ad avere l’importanza che merita: le  stanze sono temporanee, effimere e bisogna prestare attenzione agli appuntamenti e ai contenuti che interessano. Nessuna conversazione rimane salvata sulla piattaforma. Bisogna porre massima attenzione a ciò che l’interlocutore sta dicendo: niente di scritto o di salvato, resta solo il contenuto. Proprio per  questo motivo bisogna perfezionare le doti comunicative per imparare ad esprimersi al meglio. Non si ha molto tempo a disposizione per esporre un parere o una domanda.  Sono quindi tre gli ingredienti essenziali per ottenere la ricetta perfetta: sinteticità,  chiarezza e dare il giusto peso alle parole.

  5. ClubHouse e gli addected HRs.

    I professionisti del mondo delle Risorse Umane cercheranno  di sfruttare tutte le potenzialità che questo social offre. Dai tool per favorire l’engagement dei  dipendenti che lavorano da remoto, a strumenti di employer branding e di selezione. Un esempio è una conversazione recente avvenuta su CH in cui si raccontava di un esperimento attuato da una recruiter in cui Clubhouse è diventato strumento di pre-screening: invece di utilizzare un video colloquio o il classico cv per effettuare una pre-selezione e una prima scrematura dei candidati, si è focalizzata sulla voce! Ci siamo mai chiesti quale immagine di noi stessi riveliamo attraverso la voce? Dopo un annuncio su LinkedIn, ha creato  una room in cui chiunque volesse candidarsi per quella posizione avrebbe avuto la possibilità di presentarsi; qualche minuto a disposizione, nulla di più. Successivamente avrebbero dovuto mandare il loro curriculum alla recruiter che già dalla voce si era fatta un’idea di quel candidato. Ovviamente la selezione poi sarebbe proseguita per altre vie, ma è uno spunto molto  interessante. È importante precisare che tale processo non si potrebbe proporre per qualunque  posizione: sarebbe raro trovare un ingegnere su questa piattaforma! Ma se per posizioni  creative, per esempio nell’ambito dello storytelling o del marketing, si ha in mente la  persona ideale che si vuole assumere, perché non approfittarne?

Non si sa, ora come ora, se ClubHouse rivoluzionerà davvero le vite di tutti. Quello che si può affermare con certezza è che questo social audio offre la possibilità di cambiare il nostro modo di informarci, di fare business e networking.

Perché non scommetterci?


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Presidente di Job Farm e Direttrice di Job Farm News, si occupa da oltre 15 anni di formazione, lavoro, risorse umane e innovazione. Dirige SportelloStage partner di Recruit srl, agenzia di intermediazione, e Ems società di consulenza HR.