Intervista a Camillo De Milato
Camillo De Milato, generale in congedo dell’Esercito Italiano, uomo di cultura impegnato attivamente in tante associazioni. Ci racconta il Suo percorso professionale e di impegno sociale?
Sono 41 anni, quindi un racconto un po’ lungo, ma proverò a sintetizzare. Sono nato a Francavilla Fontana una cittadina di 35 000 abitanti, a metà strada tra Taranto e Brindisi, l’Adriatico e lo Ionio. Se ripenso alla mia infanzia, mi torna in mente il ricordo di mio nonno, il mio mentore, lui era una persona retta, un galantuomo, e amministrava i magazzini in epoca fascista, gli stessi che distribuivano le tessere annonarie e consentivano la sopravvivenza famigliare. Quindi lo ricordo con affetto, perché si occupava di queste attività e lo stimavo per questo.
Mi sono diplomato al liceo scientifico e la mia scelta di concorrere all’Accademia militare era dettata dal mio sogno di migliorarmi e di conoscere il mondo, di essere utile alla società e di dedicarmi agli altri. Inoltre, mio papà era un geometra nel Corpo del genio della Marina e il suo Direttore era un Colonnello del Genio dell’Esercito. Quando sono stato promosso colonnello, a 43 anni, ha pianto di gioia, orgoglioso di suo figlio. Come militare ho operato in 10 città italiane, in Turchia e in Kosovo e saltuariamente in 11 paesi europei. Ho viaggiato tanto per il mondo e visto tante cose, penso di aver vissuto tante esperienze grazie a questi contatti esteri.
Il ricordo più bello che ho di quel periodo è legato alla mia esperienza come capo del centro operativo congiunto per le prime elezioni libere in Kosovo, nel 2000, il nostro obiettivo era di garantire la democrazia in quella regione. Mi è piaciuto molto operare come strumento di pace e la cosa bella è che nel giorno delle elezioni non c’è stato nessun ferito e nessun attentato, mentre i mesi prima e i mesi gli attentati continuavano, perché tra serbi e kosovari vi era odio profondo. Per quell’evento mi hanno dato una croce d’argento al merito dell’esercito, si tratta di un bel ricordo. Però i ricordi militari sono tanti, sono stato a Milano per tantissimo tempo come comandante del Reggimento Artiglieria a Cavallo, le famose Voloire. Io percepivo le anime dei miei predecessori viaggiare all’interno della caserma, con quelle strutture storiche, mi dava l’esempio della memoria e della storia.
Un altro ricordo è legato alla mia esperienza come Comandante Militare Esercito Lombardia a Palazzo Cusani, dove ha aperto il Circolo alla Cultura della città, è da quel circolo che ho avuto l’idea di creare il Circolo di Cultura e Scienze Piri Piri per dare gusto e colore alla cultura, insieme ad altri cinque fondatori.
In veste di Comandante dell’Esercito milanese ho avuto dalla città di Milano la medaglia d’oro di benemerenza civica, il famoso Ambrogino D’Oro. Sono stato l’unico generale dell’esercito a ricevere la medaglia d’oro, anche questo è stato un grande onore per me. Tra i premi che ho ricevuto poi ne ricordo due volentieri, uno è il
“Premio Campione” datomi dai City Angels, mi ha fatto molto piacere, perché sono i giornalisti che decidono a chi dare il premio e all’unanimità hanno scelto me. L’altro è quello di “Cavaliere dei Diritti Umani”, perché è un tema a cui tengo molto.
Mi dedicavo ai diversamente abili e ai ragazzi nelle scuole, con i famosi “training day”. Ho visto nel corso degli anni tanti generali che erano stati miei allievi a Napoli, tanti giovani carabinieri o membri dell’esercito, avevo otto anni più di loro, adesso ne ho 70 e loro 62, quindi qualcuno di loro è andato in pensione, qualcuno è ancora in servizio.
Generale De Milato si è interessato al mondo militare “per essere utile alla società”. Questo taglio è rimasto in tutta la Sua vita, che cosa vuol dire essere utile alla società?
Io ricordo sempre le parole di Don Pino Puglisi: “Se ognuno fa qualcosa si può fare molto”. Alla fine io credo molto nel Bene Comune. Come presidente dell’Asilo Mariuccia dal 2012, ogni anno mi gemello con alcune fondazioni e associazioni, come la Società Umanitaria, la Fondazione Don Gnocchi, l’Istituto dei Ciechi di Milano ecc. Adesso siamo in 13 gemelli, e insieme a qualche altro ente partner, abbiamo deciso di formare un comitato promotore del Bene Comune. Lo sai che non esiste una giornata del Bene Comune? Io, insieme agli altri presidenti, abbiamo stabilito la giornata del Bene Comune, che sarà l’11 novembre, ovvero il giorno di San Martino, che incarna la simbologia del bene comune. L’11 novembre si terrà un convegno, dove ci sarà il presidente dell’Istituto dei Ciechi, lo storico Rodolfo Masto, che parlerà del bene comune e della città di Milano, un viaggio che parte dalle confraternite del 1200, a seguire parlerà per il presidente della Fondazione Don Gnocchi, Don Vincenzo Barbante, un uomo di grande oratoria che parlerà dell’anima di Milano e dopo ci sarà una tavola rotonda con Elisabetta Sogno, direttrice di Buone Notizie del Corriere della Sera, che modererà il Presidente della Fondazione Cariplo, Giovanni Fosti, il prefetto Francesco Paolo Tronca che parlerà della Fondazione BEIC e Giovanna Iannantuoni che parlerà del progetto MUSA (Multilayered Urban Sustainability), per come cambierà la città di Milano nel bene comune nei prossimi tre anni. Il bene comune da modello etico si sta trasformando in atto pratico, i membri del comitato, in totale una trentina, ogni anno faranno partire un progetto sul bene comune.
Un’altra Associazione alla quale mi dedico è l’Associazione Regionale dei pugliesi di Milano. Noi siamo la comunità più grossa di Milano, 200.000 nella sola città di Milano, 750 000 nella città Metropolitana. Perché i primi pugliesi che arrivavano non si potevano permettere gli affitti di Milano città e quindi andavano tutti in periferia, da Sesto San Giovanni a tutte le altre città della cintura milanese. Ad oggi, Milano è abitata da tanti professionisti di seconda generazione, la prima generazione era composta da tutti coloro che gestivano le osterie, portavano il vino o erano commercianti ecc. Adesso, la seconda generazione è composta da avvocati, medici e così via. Tanti pugliesi mandano i figli a studiare presso le università milanesi, grazie alla rete di pugliesi a Milano. La seconda comunità di universitari dopo i lombardi è quella dei pugliesi. L’associazione ogni anno dà un premio ai pugliesi che si sono
contraddistinti, si chiama premio “Ambasciatore di Terre di Puglia”, e da due anni noi diamo anche il premio “Volti della Metropoli” ai non pugliesi, perché con grande orgoglio se noi siamo la comunità più grossa e Milano che è la capitale di ogni cosa, meno quella politica, allora noi che siamo stati il maggior valore aggiunto, abbiamo voluto dedicare questo premio alle eccellenze milanesi e lombarde che hanno costruito e reso grande la Milano di oggi, una
metropoli dell’accoglienza e della solidarietà.
A proposito di giovani: quali opportunità offre Milano per un giovane che vuole trovare la sua strada?
A Milano esistono strutture dove ognuno può trovare la propria via seguendo le proprie ispirazioni. Io conosco personalmente Galdus che fa parte del nostro comitato del Bene Comune, lì ci sono 2500 giovani che frequentano corsi che durano tre/quattro anni e dove, se un giovane non vuole andare al liceo, può trovare un’alternativa formandosi per diventare orefice, chef, elettronico ecc. Diventa esperto in pochi anni, stringendo fin da subito un
rapporto di simbiosi con le industrie, in questo modo si riesce a trovare un lavoro, un futuro e una dignità.
Quando si parla di giovani non possiamo sottacere poi che Milano è una metropoli dove ci sono giovani di seconda generazione nati da genitori che non sono italiani; il concetto dell’inclusione è obbligatorio, abbiamo l’esperienza di Gran Bretagna e Francia e sappiamo cosa succede se non li includiamo attraverso il lavoro. Se non diamo loro diritti non possiamo pretendere i doveri. Bisogna coinvolgere di più, imparare dai paesi che hanno accolto persone immigrate anni e anni prima di noi. Dobbiamo studiare i mali degli altri perché non capitino anche a noi.
Come Fondazione Asilo Mariuccia, nella sede di Porto Valtravaglia, tanti anni fa accoglievamo minori soli vittime di violenza e aggressioni, adesso invece sono quasi tutti minori non accompagnati, provenienti da ogni parte del mondo, e la prima cosa che facciamo è dare loro una preparazione perché a 18 anni, quando escono, devono avere un lavoro. La prima cosa che insegniamo sono le regole, la puntualità, obbedire al proprio capo. Dai 16 anni iniziano a fare stage e poi a 18 anni hanno il lavoro assicurato, diventando una risorsa per il paese.
Tutte le fondazioni, enti o cooperative che accolgono madri con minori, hanno bisogno di educatori. In questo momento a Milano manca questa figura professionale, che si forma presso le Università, come l’Università Bicocca, studiando Scienze dell’Educazione. Noi dovremmo avere una regia della città di Milano che consideri i settori che hanno bisogno di lavoratori. Un’altra cosa importante che sta facendo la Società Umanitaria come corso è dare un patentino alle badanti, formare delle badanti professionali, perché devono apprendere molti aspetti importanti per la cura della persona. è importante progettare dei corsi professionali che siano di valore sia per chi offre domanda, ma anche chi ne fa richiesta. L’ Asilo Mariuccia, cerca di avviare al lavoro le mamme ed i minori che accoglie attraverso la continua formazione. Uno degli ultimi corsi che sono stati fatti, ha coinvolto dieci mamme e sette professioniste donne, che lavorano all’interno di banche diverse, loro hanno tenuto volontariamente un corso sulla finanza inclusiva. Noi dobbiamo lavorare sulla finanza inclusiva, perché anche questa è sostenibilità.
In che modo il “Comandante” De Milato ha agito il Suo ruolo nell’Esercito Italiano ma anche nelle associazioni che presiede?
Non essendo il capo, padre e padrone. Nella mia attività di comando ho sempre cercato di fare squadra e di valorizzare le potenzialità di ognuno, dando spazio, fiducia e incoraggiamento. Bisogna tirar fuori da ogni persona il meglio, perché tutti possono avere delle potenzialità incredibili; nella Costituzione si parla di diritto al lavoro, però quanto è bello che ci sia un lavoro che dia dignità, un lavoro felice, che si faccia volentieri. Un lavoro che ti faccia alzare la mattina contento di incontrare i tuoi colleghi e amici, la tua squadra, dove sai che è possibile fare rete. Un posto in cui i capi ti apprezzano, ti lasciano lo spazio necessario per lavorare e ti diano tanta gratificazione. Io sto facendo questo con le educatrici dell’Asilo Mariuccia, cerco di dare delle gratificazioni, e sono consapevole che tante persone in altri Enti non lo fanno, perché non c’è empatia, invece nel lavoro bisogna avere empatia, rispettare gli altri e non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Io ho avuto dei bravi comandanti e quindi ho cercato di essere brava anch’io. A distanza di dieci anni da quando sono andato in pensione, quando torno a palazzo Cusani, gli ex ufficiali mi salutano con grande sorriso perché li ho apprezzati, li ho stimati e li ho sempre trattati con dignità, mai dall’alto in basso. Non ero loro superiore, ero un loro collega.
Un’esperienza che ricordo volentieri è quella che ho fatto con il Prefetto Tronca nel 2015/16 come subcommissario di Roma Capitale. lui mi assegnò settori quali: l’ambiente, l’igiene urbana, il decoro urbano, la tutela animale, raccolta rifiuti e discariche e i servizi cimiteriali. Anche lì ho fatto squadra, i direttori dei vari settori li portavo con me, sempre con il sorriso e li valorizzavo. Mi apprezzano per i mesi che ho passato con loro.
Quali sono le Sue prossime sfide?
La mia prossima sfida è il primo di novembre perché il 30 ottobre scade il mio secondo mandato all’Asilo Mariuccia. Dal punto di vista pragmatico razionale dovrei dire basta dato che sono passati dieci anni, è bene che vada qualcun altro per dare un nuovo impulso. Però proverò a fare un terzo mandato perché penso ancora di poter dare qualcosa alla rete che ho creato, che è fondamentale. Vincenzo Barbante, presidente della Fondazione Don Gnocchi, con 8000 dipendenti, dice che da soli non si va più avanti, bisogna per forza mettersi insieme. Un’altra cosa che ho notato grazie a tutte queste associazioni no profit è che bisogna combinare la mentalità del profit nel non profit. Il nostro nuovo direttore generale, Thomas Parma, è tornato dopo cinque anni dall’Africa, dove si è occupato di affari esteri. Quando l’ho conosciuto era proprietario di una holding con 500 dipendenti, quindi è un uomo che ha fatto profit, e come Direttore Generale dell’Asilo Mariuccia ha dato un aspetto manageriale di profit a tutto ciò che non è profit. Infatti, questo è uno dei motivi per cui molte associazioni no profit stanno soffrendo il momento.
Ma la sfida più importante è quella sul “tavolo” bene comune: proprio come un tavolo il bene comune per me ha quattro gambe: in una gamba c’è la cura, quindi gli ospedali (la Fondazione Don Gnocchi); in un’altra gamba l’assistenza, quindi tutti gli enti come L’Asilo Mariuccia che fanno assistenza; una terza gamba è il volontariato, come i City Angels o Pane Quotidiano; la quarta gamba è la cultura, intesa come diritti umani, ambiente e giustizia. Questo è il tavolo del bene comune che io voglio portare avanti in futuro.
Interviste
2022-09-21 13:42:27
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