Intervista a Massimo Folador

Intervista a Massimo Folador

Massimo Folador è professore di Business Ethics e Sviluppo Sostenibile presso l’università LIUC, autore di diversi libri tra cui “Il sapore del pane: ascoltare l’incertezza per narrare la speranza”, “Un’impresa possibile” e “Storie di ordinaria economia”. Folador svolge inoltre attività di consulenza e facilitazione per il cambiamento sostenibile nelle aziende.

Che cosa vuol dire facilitare al miglioramento e al cambiamento organizzativo in contesti di vario tipo accompagnando le aziende alla sostenibilità?

Credo di dover partire dalla mia esperienza. Sono stato manager di realtà importanti, anche a livello europeo per tanti anni, oggi sono un imprenditore e continuo a studiare e questo mi ha impegnato all’Università LIUC e alla Pontificia Università Antonianum, a scrivere libri e dare vita a un centro di studi. Ciò perché ritengo che l’impresa sia da sempre il luogo più mobile in assoluto nel panorama socio-economico. L’impresa deve rimanere nel mercato, deve produrre valore economico nella varietà dei contesti, è un mondo splendido che non può barare e deve fare i conti con contesti e risorse diverse. Perché la sostenibilità? Se penso alla mia esperienza nata nella Milano da bere, mi accorgo di come sia un contesto completamente cambiato, complesso, dove le variabili sono molto maggiori rispetto ad anni fa, variabili non solo economiche ma anche sociali, di tipo politico e ambientale. È normale che l’impresa debba adattarsi ad un contesto differente e complesso in cui le istanze ambientali, dei collaboratori, dei clienti e dei territori sono cambiati. La sostenibilità, alla fine, è questo: una risposta strategica, sistemica che l’impresa prova a darsi per dare risposte strategiche a questo tipo di contesto e ottenere così facendo una sostenibilità del proprio valore economico. Bisogna uscire dall’ottica che la sostenibilità sia solo ambientale, la vera sostenibilità è la capacità dell’impresa di variare nel tempo.

La visione di sostenibilità che hai e che porti nelle imprese si allarga anche ai temi dell’etica e della responsabilità sociale e individuale. Ci spieghi in che modo?

La mia fortuna è stata quella di partire, in tempi non sospetti vent’anni fa, con una ricerca sul monachesimo benedettino che rappresenta l’impresa più longeva a livello europeo, dal 500 a oggi, producendo di tutto, dalle cattedrali agli amanuensi, fino alla birra e agli ospedali. Ma come hanno fatto a produrre così tanto e per così a lungo? I Benedettini avevano delle finalità positive comuni, il concetto di bene comune da loro interpretato in un determinato modo. Dalla loro stessa idea io ho iniziato a lavorare sul comune e a portarlo in azienda traducendolo in etica nel momento in cui diventa impresa. Il business ethics è fare business attraverso lo sguardo etico; la parola ethos significa ciò che noi facciamo per il bene comune. Perché l’aggancio con la sostenibilità? Perché l’impresa sostenibile è un’impresa che dà un colpo al cerchio, la dimensione economica, un colpo alla botte che è quella ambientale e un colpo al vino che è la dimensione sociale: fornitori, produttori e comunità locale. Il bene comune è molto pratico, ovvero è la mia capacità di dare valore a chi porta valore. In questi giorni, con la dipartita di Del Vecchio abbiamo visto come lui fu il primo a dare vita a processi di welfare che oggi presenti in molte aziende, lo fece perché credeva in questa cosa e i riscontri sono stati ottimi. Il bene comune è questo, un do ut des non nell’ottica di utilità ma in un’ottica di reciprocità. Per arrivare a questo tipo di valore economico, sociale e ambientale serve vivere determinati valori. Io lo faccio sì per l’azienda, ma soprattutto perché ci tengo.

Nell’ambito del progetto “Transizione Ecologica a Varese – Insieme Per La Sostenibilità” stai supportando un’impresa in questo processo. Il tuo mestiere è quello di aiutare le aziende in percorsi di consapevolezza sulla sostenibilità e sui temi legati ad ambiente e responsabilità sociale. Cosa vuol dire diventare un’impresa benefit?

Questo aspetto è molto presente nel libro scritto con Giuseppe Buffon “Verso un’economia integrale. La via italiana alla ripresa”. Esistono numerose ricerche che affermano che sono poche le realtà che hanno intuito veramente cosa sia la sostenibilità e che stanno facendo attività in modo strategico, tutte le altre non si interessano. La sostenibilità non è una strategia che diventa operativa, è una cultura d’impresa che poi diventa strategia e successivamente operativa senza capire cos’è e perché vale la pena essere sostenibili. Se traggo risorse dall’ambiente e non ne restituisco, prima o poi l’ambiente si vendica. Il nostro primo lavoro come Askesis (società di formazione fondata da Folador nel 2011 n.d.r.) o come docente LIUC o come antoniano, è di capire e far capire che siamo di fronte a un cambio di paradigma culturale. Serve cambiare idea sull’impresa. L’impresa non è più solo azienda, posso fare impresa e non azienda. L’impresa dura nel tempo. Più renderò sostenibile la relazione con i miei lavoratori e collaboratori, più renderò sostenibile l’impresa. Per fare questo, oggi, c’è anche un’opportunità: l’Istituto Giuridico della Società Benefit è una legge nuova che rende plausibile, chiede un processo per rendere sostenibili le aziende. Noi strutturiamo, con questa legge, una serie di fasi alternando momenti di cultura aziendale e cultura d’impresa a momenti di prassi, come i report sostenibilità, il passaggio identità e la valutazione impatto. Cose che se eseguite in maniera corretta fanno capire che la sostenibilità è una sfida e forse l’unica via percorribile. C’è chi lo fa tanto per fare e chi perché ci crede e i risultati, in questo caso, si vedono subito.

Tu hai accompagnato molte imprese in questo processo di avvicinamento alla sostenibilità. Qual è il primo consiglio che dai ad una società, ad un imprenditore quando entri in un’impresa?

Noi lavoriamo su questi temi da tanti anni. Quello che io consiglio è di fare un percorso culturale, fare formazione. Se uno poi non capisce che alla base di tutto c’è la cultura, noi non possiamo fare niente. Di fronte alla guerra e all’ambiente devastato è chiaro che allearsi è meglio che confliggere, collaborare è meglio di competere. Il secondo punto fondamentale è una valutazione del grado di sostenibilità che facciamo sull’ambiente circostante con parametri e strumenti internazionali. Arriviamo così a capire che la dimensione economica, dunque, non è l’unica cosa, ma forse addirittura il contrario. Le prerogative per chiedere un fido, un finanziamento, non sono più il denaro, ma si basano sul rapporto di sostenibilità. Prima i soldi erano le radici, oggi sono i frutti. E finalmente questo l‘ha capito anche chi eroga prestiti o apre fidi, un segno importantissimo.

Uno sguardo ai giovani. Qual è il suggerimento che vuoi dare ai giovani che sicuramente hanno una sensibilità ambientale spiccata per allargarla ad un ambito sociale e etico?

Il suggerimento che darei è, in realtà, quello di continuare ad essere giovani con le loro idee. Più che altro il suggerimento lo darei a noi, cioè di dare più spazio ai giovani a livello di processi decisionali e di istanze. Il giovane pensa alla sostenibilità per diventare sostenibile, come istinto di sopravvivenza. Loro lasciano le imprese dove non vedono uno sguardo al futuro. Noi dovremmo capire che il futuro è dato da una collaborazione con i giovani, perché, ad esempio, abbiamo idee di benessere diverse.

Qual è il tuo prossimo progetto?

Mi dispiace avere sessant’anni perché negli ultimi anni mi sono divertito tantissimo, ho tanta energia e vorrei continuare con questi progetti e queste idee. Vorrei incrementare il bene comune, che è ciò che mi anima, dare il mio contributo in un momento prezioso in cui per fortuna ci sono persone che ascoltano. L’altro mio grande sogno, su cui ho scritto e lavorato, ed è stato anche il sottotitolo del mio libro, è la spiritualità in azienda, un aspetto che mi anima molto e che vedo molto provocatorio.

Interviste

2022-09-08 13:57:33

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Marina Verderajme

Presidente di Job Farm e Direttrice di Job Farm News, si occupa da oltre 15 anni di formazione, lavoro, risorse umane e innovazione. Dirige SportelloStage partner di Recruit srl, agenzia di intermediazione, e Ems società di consulenza HR.

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